“Colori e forme” dal 10 al 26 ottobre 2008
Salone SOMS – Via Francesco Borgogna Vercelli
Mostra personale di pittura e scultura
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Recensioni – dal catalogo “Colori e forme”
È un gran piacere vedere che il prof. Pino Croce continua con entusiasmo la Sua vita da grande artista tenendo sempre nel suo cuore Vercelli e il suo territorio.
La mostra evidenzia opere tra le più belle dell’artista, vera testimonianza di quanto il Maestro sia innamorato della nostra città.
Le rappresentazioni di paesaggi e luoghi tra i più belli e suggestivi mostrano la forza e il carattere dell’autore così come le Sue vere emozioni.
Un particolare ringraziamento al prof. Croce da parte di tutta la Città di Vercelli per aver collaborato con sensibilità ed entusiasmo al recupero di uno dei luoghi più caratteristici della città: il giardino del Municipio. Grazie alla Sua abilità e maestria i busti dopo venti anni di assenza son tornati al loro posto e osservano con aria severa l’operato degli amministratori che devon tener presente l’insegnamento di tali insigni personaggi. L’opera del Maestro è ancor più importante in quanto egli con gran capacità riesce a trasmettere ai Suoi allievi la passione per la scultura e la pittura.
A nome della Città un grande apprezzamento, certi che la mostra è di arricchimento della nostra cultura.
Con profonda stima.
Assessore alla Cultura Il Sindaco
Dott. Pier Giorgio Fossale Avv. Andrea Corsaro
Il professor Pino Croce è una delle figure più intraprendenti della scena artistica vercellese. Docente di discipline plastiche all’Istituto di Belle Arti di Vercelli e animatore in diversi meritori sodalizi dediti al recupero di beni artistici e alla promozione degli artisti. È anche accanito “documentatore”, ricordo una monumentale classificazione fotografica del patrimonio scultoreo cittadino, che andrebbe sicuramente valorizzata.Ma del Croce artista avevo in precedenza visto relativamente poco. Di suo avevo ammirato un busto di Renzo Roncarolo nell’atelier del Belle Arti, con poche altre produzioni scultoree che andavano dal classicismo alla sperimentazione di nuove forme e materiali. Ora, finalmente, una mostra personale a Vercelli ne svela in pieno la caratura artistica, sorprendente non tanto nella parte scultorea, quanto nelle sezioni dedicate alla pittura. A cominciare dagli acquerelli dalle tonalità delicatissime, che catturano l’incanto di paesaggi nostrani, trasposti in un’atmosfera sognante. Si connotano come vere trasfigurazioni spirituali del ”mondo”.
Ci sono poi gli oli. Qui si evidenzia invece la ricerca del particolare, la resa dell’insieme attraverso la gestione della luce, che è cupa sulle “montagne”, che diventa materia liquida in diverse opere che studiano il particolare “habitat” cromatico di stagni e lame, che sembrano essere tra i soggetti preferiti. Ritorna la poesia della natura, che è peculiare delle nostre terre d’acqua. Notiamo l’assenza della figura, motivata, a nostro avviso, dal fatto che nella produzione di Croce è inevitabilmente la scultura, con la sua tridimensionalità, lo spazio ideale per il corpo.
E infine si giunge all’ambito principale, la scultura. Si evidenzia quella gamma di cui parlavamo prima dalle intonazioni neoclassiche alle nuove espressioni come nelle “Metamorfosi”, che piegano la materia verso nuove tensioni. Tensioni che emergono drammatiche nel monumentale crocifisso in gesso bronzato e legno dorato. La stilizzazione grafica del Cristo acuisce la sofferenza del sacrificio e si richiama visivamente alle terribili immagini di scheletri ambulanti ereditate dai campi di sterminio oppure viste quasi ogni giorni sui teleschermi, quando si parla di fame nel mondo. La capacità artistica offre una lettura quasi “teologica” del dolore. La materia plasmata diventa di volta in volta inno alla bellezza femminile o “congelamento” di movimenti. Non mancano nel repertorio busti di personaggi famosi, come quello del Cardinale Mercurino di Gattinara, monumento apprezzato e molto importante.
Misura e ricerca dell’armonia, questa è la firma caratteristica di Croce, sia quando si esprime sulla tela o nella creta che nel suo ruolo pubblico di promotore. L’eccesso è assente, l’urlo scomposto non gli appartiene. La sua è la calma ostinazione del bello e del bene, che filtra tra le pieghe di un mondo sempre più volgare e violento.
Gian Piero Prassi
Disegnare, dipingere, modellare, scolpire: quattro azioni di un’esclusiva tèkne, ossia di quella abilità di manifestare e produrre che è propria dell’uomo, che assurgono a dignità d’arte. Lo stesso filosofo e critico d’arte tedesco Konrad Fiedler affermava che il giudizio artistico, pur venendo riferito a precisi canoni di validità generale, “non viene espresso dal gusto, ma dall’intelletto” dell’artefice.
Nel prendere spunto da questi concetti considero alcune riflessioni sull’operosità artistica di Pino Croce nel momento in cui si propone esponendo alcune opere.Sono acquerelli, oli e sculture, quindi un ventaglio interpretativo ampio al quale si aggiunge la progettazione di alcuni gioielli.
L’aspetto pittorico più consistente è riservato agli oli e agli acquerelli risolti con immediata freschezza e delicatezza cromatica. Sono opere realizzate con fare impressionistico nel cogliere vedute del paesaggio vercellese che solamente chi ben lo conosce sa comprenderne la bellezza esprimendola pittoricamente. Le acque stagnanti, le sorgive, i filari degli alberi e il loro specchiarsi, il cangiare dei riflessi con il variare delle stagioni, tutto è intuito , compreso e liricamente interpretato con immediata risolutezza e intensità cromatica. Né mancano, in questa rassegna antologica, le nature morte, testimonianze da meditare, poiché oggetto di uno studio “serio”. Uno studio spesso trascurato e amato dai più, ma che è invece efficace esercizio nell’arte del dipingere. Un esercizio ed una disciplina ai quali Croce si è diligentemente sottoposto frequentando, a suo tempo, l’Istituto di Belle Arti di Vercelli, con la guida del prof. Renzo Roncarolo. Conclusi gli anni accademici del Corso di decorazione e pittura intraprese gli studi di modellato e scultura con la guida di Francesco Vogliazzi.
Ed ecco Pino Croce scultore, intento nella sua produzione classica di figure intere e ritratti, oppure impegnato in sottili interpretazioni ridotte all’essenziale figurativo o ancora rivolgersi ad immagine emblematiche che trasformano la figura in libere sintesi tese verso una ricerca espressiva interiore che sembrano rimandarci alle emotive analisi di Alberto Giacometti. La plasticità delle figure si riduce all’essenziale, formandosi e deformandosi nell’inseguire uno stato d’animo, un attimo fuggevole, l’armonia delle forme.
Un iter complesso quello di Croce che non si limita alla sua personale creatività, ma che si prolunga nell’assidua e meritoria docenza presso l’Istituto di Belle Arti, dove guida giovani e meno giovani allievi alla gratificante fatica dell’arte figurativa.
Mario Guilla
La creazione artistica è l’azione per antonomasia che avvicina l’umano al divino in quanto è priva di valenze negative di distruzione anche nel momento in cui si manifesta con impeto, enfasi o addirittura, con “violenza”.
L’artista è il testimone tangibile dell’esistenza di sentimenti e di passioni che , grazie all’aiuto della materia e dell’azione, traduce in opere da condividere.
Nel “far arte”, emozioni ,a volte anche non riconosciute, si proiettano in forme espressive che successivamente arricchiscono la coscienza affettiva.
Pino Croce ha ricreato, filtrando attraverso la propria interiorità, la propria terra, il quotidiano, entrando nel profondo e soffermandosi sull’ “anima” di ogni cosa che trasuda nei vari dipinti. Non si è staccato dal paesaggio di cui è diventato parte, dalle sue acque che ancora lo contengono e pare lo conservino osservatore interno.
Movimento sono invece le sculture che si proiettano, come il nastro usato dalle ginnaste, nelle loro prestazioni per esaltare le diverse figure. L’essenzialità di alcune (Metamorfosi, Ginnasta, Coppia ritmica) contribuisce a conseguire quest’effetto invitando all’azione, al ballo.
Affilato, tagliante, ripiegato, contorto come il vero dolore, la morte del Cristo colpisce e penetra al pari delle spine della corona. In quest’opera il movimento è tutto nell’atto estremo che, pur richiamando all’immobilità, prorompe e devasta.
Simbolismo chiaro e percepibile si ritrova nei disegni realizzati per i gioielli che rappresentano un modo diverso, ma non meno impegnativo, del “far arte” che è sempre un rapporto a due: mondo interno e mondo esterno, emozione e socializzazione.
Socializzazione che diventa mostra perché, come afferma Gadamer “l’esperienza estetica è un modo dell’autocomprensione”…..”modifica radicalmente chi la fa”, sia esso produttore o fruitore.
Antonella Abate